Tempo di lettura: 6 minuti

DAL DIARIO DI UN RIG…

OTTO MATTONELLE A TESTA…

È tutto pronto ormai per il campo, l’attrezzatura controllata e pronta da caricare, manca solo la spesa per la settimana. C’è un particolare però, è da qualche giorno che piove a dirotto e le previsioni sono incerte. Per sabato, il giorno della partenza sembra ci sia una tregua e la settimana si prospetta con qualche nuvola, qualche acquazzone e sole a sprazzi.
Un ultimo consulto con Claudio, Giovanni e gli altri responsabili e poi decisione finale: si parte!
L’importante è montare le tende, la cucina e il tendone mensa, poi ci gestiremo seguendo l’andamento del meteo… (queste le ultime parole famose).
A metà del viaggio la pioggia inizia a scendere e non ci abbandona per tutto il tragitto; non smette nemmeno al nostro arrivo a Chialamberto, la nostra meta. Lasciamo il pullman in paese con i ragazzi e facciamo un sopralluogo nel prato alto, dove ci aspetta il contadino che ce lo ha affittato. Quando arriviamo ci rendiamo conto che la situazione non è delle migliori, il tipo ci dice che è tutta la settimana che piove anche lì ed il terreno è fradicio, continua a piovere, è impossibile pensare di accamparci. È tutto l’anno che aspettiamo questo momento, è il coronamento di tutte le attività dell’anno, il periodo più intenso e più bello. Accantoniamo per un momento l’ipotesi di tornare a casa… il pensiero di vedere la delusione dei ragazzi rattrista tutti noi, occorre un’idea.
Il primo pensiero è quello di cercare un rifugio per la sera e la notte, con la speranza che il mattino seguente il tempo migliori consentendoci di preparare l’accampamento. La decisione comporta una certa responsabilità da parte nostra e sentiamo il bisogno di chiedere al Signore di guidarci per prendere delle decisioni sagge che non comportino rischi o disagi per nessuno. Possiamo andare in comune e chiedere se c’è un locale disponibile che fa al caso nostro, ok… chi ci va?
Ci guardiamo negli occhi e poi la decisione è unanime: Marisa!
È l’unica, con la sua parlantina, il suo appeal napoletano e l’abilità nel convincere chiunque a fare non si sa cosa. Non ultimo il fatto che era l’unica presentabile con il suo inseparabile spolverino e l’ombrellino, poco consona all’ambiente montano del nostro contesto, ma perfetta per la missione. Dopo un po’ di opera di convincimento eccola che parte…
Nel frattempo il trio degli impavidi (Claudio, MMM ed il Giovanni) sono rimasti sotto l’acqua, lì dove li avevano lasciati, nel prato, in quota, mentre cercavano di pianificare i lavori del giorno dopo. I ragazzi, ignari di quanto stava accadendo, sono rimasti giù con gli assistenti che cercavano di fare del loro meglio per intrattenerli e con l’autista che cominciava a sbraitare perché doveva tornare indietro con il suo mezzo. Dopo circa un’oretta ecco che arriva Marisa.
Tutto ok, posto trovato, il sindaco ci ha concesso il permesso di soggiornare in un’aula dismessa dell’ex scuola, nella sede del comune. Scendemmo subito in paese per controllare se il posto era adatto alle nostre esigenze. Era uno stanzone con una fila di armadietti che occupava tutta una parete e alcune file di banchi bassi per alunni delle prime elementari rivestiti in formica verde tipici degli anni 50/60. Una fila di attaccapanni occupava una delle altre pareti. L’aula affacciava sull’atrio dell’ingresso del municipio; in un angolo, separati, c’erano due bagni e due docce messi a nostra disposizione e un locale che potevamo usare come deposito dove erano ancora alloggiati la sedia ed i tavolini (anche questi dell’epoca) dello studio del dentista del paese di allora.La soluzione per la notte era stuoino e sacco a pelo a terra, sul pavimento, dopo aver tolto i banchi e messi nell’atrio con la raccomandazione del sindaco di liberare l’ingresso prima delle otto del mattino, orario di apertura degli uffici comunali.

Eureka!! 

Ancora una volta i ragazzi in gamba se l’erano cavata, per il momento il campo era salvo.

Ma… superato il primo scoglio, ecco un altro problemino da risolvere per la sera: come preparare la cena? Non potevamo utilizzare la nostra attrezzatura da cucina ed eravamo tutti affamati considerando che avevamo pranzato al sacco e ci eravamo svegliati all’alba. Senza pensarci troppo perché non c’era molto tempo a disposizione, ecco il triunvirato dei grandi capi che con il furgone riparte all’avventura per trovare una soluzione che fosse economicamente valida per non pesare sul budget, ma sufficiente a sfamare la truppa che si stava già lamentando per la mancanza di cibo, non prima di aver chiesto l’aiuto del Signore perché dopo aver fatto i nostri conticini la somma a disposizione era veramente poca. Dopo aver fatto il giro dei negozi del piccolo paese che nel frattempo avevano chiuso tutti la saracinesca, l’unica alternativa rimasta era una piccola locanda a un paio di km. Dopo una lunga trattativa il gestore del locale, un po’ scorbutico e indispettito al momento dalla nostra richiesta, si accordò con noi per un piatto abbondante di pasta e quel che passava il convento per secondo, acqua per tutti alla cifra modica che avevamo a disposizione che era per noi un extra non previsto. Dopo aver spiegato ai ragazzi che non dovevano chiedere nulla ed accontentarci di quel che veniva servito perché non potevamo permetterci altro, partimmo per quel breve tratto stipati nel furgone, perché la pioggia cadeva ancora incessante.
La nostra sorpresa fu grande quella sera: il padrone ci aveva riservato una tavolata e ci servì un piccolo antipasto, un primo e diverse portate avanzate perché per il brutto tempo non c’erano altri clienti all’infuori di noi. Inoltre, vista la compostezza e l’educazione dei ragazzi, portò loro al tavolo delle bibite e del buon vino per i responsabili. È anche in queste occasioni semplici che possiamo vedere come il Signore si prende cura di noi, senza farci mancare nulla, anzi, concedendoci anche di più di quello che ci aspettiamo, muovendo il cuore delle persone a nostro favore. Spiegammo ai ragazzi quanto era successo e quella cena fu per tutti noi un motivo di ringraziamento a Dio. Piovve ininterrottamente per i due giorni seguenti, nel frattempo avevamo sistemato la cucina nell’aula usando un armadietto come muro divisorio. Vista la situazione meteorologica, l’impossibilità di uscire e lo scoraggiamento dovevamo prendere una decisione; la più vantaggiosa era quella di chiamare il pullman e di tornare a casa. Ma nonostante la prospettiva di passare una settimana al chiuso con tutte le difficoltà del caso ed il disagio di dormire sul duro a terra, decidemmo di rimettere la decisione nelle mani dei ragazzi. Dopo le dovute spiegazioni e la prospettiva disastrosa prospettata loro, le nostre ultime parole furono: “se sta bene a voi, sta bene anche a noi”.
Fu così che, con nostro stupore, nessuno dei ragazzi voleva tornare a casa. Decidemmo allora di restare, avvisando i genitori della loro scelta, rassicurandoli che la situazione era sotto controllo e stavamo tutti bene. Durante la settimana ci furono solo due giorni in cui il tempo ci concesse poche ore nel pomeriggio per stare all’aperto e qualche raggio di sole, per il resto piovve continuamente.

Al mattino sveglia alle 6:45, dentro tutti i banchi e alle 7:00 colazione veloce. 

Si mangiava, si giocava, abbiamo festeggiato alcuni compleanni, si facevano gli studi e le meditazioni, si pregava, tutto sui mini banchi della scuola. Si lavavano le stoviglie e i pentoloni nel cortile con la canna mentre qualcuno teneva l’ombrello a chi era di turno. Durante il giorno, negli orari di apertura del municipio, dovevamo fare attenzione a non fare troppo rumore. La gente di passaggio ci salutava da lontano con un sorriso; ormai la notizia che un gruppo di ragazzi stava soggiornando come degli sfollati in comune era di domino pubblico nel paesino. La sera rimettevamo tutti i banchi impilati nell’atrio per far posto ai sacchi a pelo, quattro file da sette, otto mattonelle a testa. In una situazione di restrizione e di convivenza ai minimi termini, in uno spazio più che ristretto, si respirava la gioia, regnava l’allegria, l’amore che il Signore ci stava facendo provare e vivere l’uno per l’altra era quasi palpabile da quanto era intenso. Alla fine della settimana nessuno voleva tornare a casa per il dispiacere di separarsi e consapevoli di interrompere qualcosa di fantastico, con la paura di perderlo appena tornati a casa. Credo che in tutti i partecipanti di quello straordinario campo RiG sia rimasto un segno indelebile di quell’esperienza e di quello che può fare l’amore di Dio messo in pratica e vissuto nella sua integrità, con semplicità di cuore. Il sabato mattina, prima della partenza, ecco il sole a salutarci o a beffarci, dipende dal punto di vista. Abbiamo concluso però al meglio nell’area picnic adiacente al punto di ritrovo del pullman, con una grigliata alla RiG con salsicce infilate nei nostri bastoncini appuntiti sopra la brace fumante.

Qualche settimana dopo il nostro arrivo a casa un’altra bellissima sorpresa: una lettera del sindaco di Chialamberto. Si complimentava con tutti noi, responsabili e ragazzi, dicendo che non aveva mai visto un gruppo così affiatato ed educato, efficiente ed ordinato; bambini e ragazzi ubbidienti e gioiosi (un miracolo vero!!) che hanno colorito quella settimana di maltempo dando una buona testimonianza a lui e alla cittadinanza che al suo pari era rimasta stupita. Inoltre ci aspettava per il prossimo anno, dandoci la possibilità di soggiornare con le nostre tende nell’area attrezzata del paese, vicino al torrente, a titolo gratuito. Questo ci ha riempito il cuore di un’immensa gioia perché, durante quella settimana, in più di un’occasione abbiamo potuto parlare di Gesù e di chi eravamo. Il profumo di Cristo, la buona testimonianza, erano arrivate fino a lì. 

Grazie Signore!!

Chialamberto (To)

Giugno 1992

Scroll to Top